Depressione
RICONOSCERE E CURARE LA DEPRESSIONE CON LA PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA
DEPRESSIONE: IL MALE OSCURO
La depressione è da sempre una delle patologie più discusse in ambito della psicologia clinica e una tra le condizioni psicologiche più conosciute e rinomate tra i non addetti ai lavori.
Tuttavia questo termine tende a confondere molto le persone ed è per questo che è anche una tra le autodiagnosi più abusate. Seppur argomento infinitamente vasto, in questi paragrafi cercherò di fare chiarezza, in modo quanto più comprensibile possibile al lettore, su questa patologia psicologica tanto temuta da essere definita “il male oscuro”.
Per spiegare il concetto di depressione però è doveroso fare una premessa:
In termini clinici, quando si parla di depressione sarebbe sempre opportuno distinguere quelli che sono stati o sintomatologie depressive dalla diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore (DDM) che nella sua forma più grave è una patologia importante, che causa stati di sofferenza indescrivibilmente forti per la persona che ne soffre.
Fortunatamente ad oggi, una gran quantità delle manifestazioni che passano per disturbo depressivo maggiore non sono davvero “maggiori”, e né “depressive”. Anzi, spesso non si tratta neanche di veri e propri disturbi anche se vengono spesso erroneamente definiti come tali. Complice, una superficiale pratica diagnostica clinica. Ed ecco che un del tutto naturale stato di tristezza, un momento difficile, diventa qualcosa da trattare clinicamente, una malattia da curare con farmaci, un disturbo mentale.
Non raramente quando un paziente si presenta in terapia “per depressione“, porta sulle sue spalle questa etichetta da anni, decenni, da sempre e riporta una storia clinica di lunghi percorsi psicoterapeutici o cure farmacologiche che hanno ottenuto risultati solo nell’immediato o comunque parziali e non risolutivi. Questo accade perché hanno provato a trattare la depressione come una malattia che li ha colpiti e dalla quale avevano bisogno di essere curati, una condanna. Ma nella maggior parte dei casi la depressione non è una malattia, è qualcosa di ben peggiore: è la concretizzazione della delusione.
Il gioco della vita è anche far finta che la vita sia come vorremmo che fosse, e tutti noi siamo dei così abili giocatori che finiamo col credere a questa illusione. Ma quando un evento, una situazione, una persona o un pensiero ci svela l’illusione, ovvero ci svela questo nostro inganno riportandoci alla realtà, non siamo più in grado di tornare a giocare stando alle vecchie regole e difficilmente riusciamo ad accettare la vita per quello che è. Questo evento può essere un lutto, una separazione, un evento traumatico, un’ altra patologia…
Se quindi guardiamo la depressione in questa prospettiva, la persona non è malata, ma ha semplicemente perso quell’illusione che gli permetteva di tenere alla larga la dolorosa verità e ritorna ad elaborare i suoi pensieri (legittimi) riguardanti l’ostilità che ci circonda ad esempio la morte, le catastrofi, l’egoismo umano, la crudeltà della natura o della cattiva sorte.
Seguendo questa logica ne conveniamo che più alte e importanti sono le aspettative riguardo alla vita e a noi stessi, più sarà percepita come grave la delusione (e la sua conseguente depressione) una volta che queste saranno tradite. Il depresso è una persona illusa e poi delusa. La disillusione è il metodo più efficace per non rimanere delusi.
Riconoscere la depressione
Sintomatologia del depresso
Attraversando un periodo di particolare stress, oppure a seguito di qualche evento traumatico o situazione dolorosa la persona tende a sviluppare sintomatologie che sono tipiche dello stato depressivo:
- Apatia, intesa come mancanza di interesse verso la vita e quindi mancanza di interesse nelle cose e incapacità di provare piacere
- Insoddisfazione, derivata dal non avere aspettative o dalla sensazione di non vedere appagate le proprie esigenze
- Mancanza di energie e stanchezza, anche mentale, come se fosse faticoso anche il solo pensare
- Sensazione di fallire o di aver fallito
- Assenza di scenari futuri positivi possibili
- Rimuginazione sul passato, sui propri fallimenti rimorsi e rimpianti
- Ritiro dalla vita sociale
Come precedentemente detto, la depressione è quasi sempre conseguenza di un particolare evento, un trauma, un lutto o ad altre patologie. Ad esempio è dimostrato che il disturbo da attacchi di panico può evolversi fino a divenire una forma depressiva ma non tanto per la sua struttura “biologica” quanto per le conseguenze che questo porta. Ad esempio, il forte ritiro sociale che subisce chi soffre di attacchi di panico può portare la persona ad uno stato depressivo. Questo ci fa riflettere sul fatto che spesso non sia necessario intervenire attivamente sulla depressione come “disturbo dell’umore”, ma si può ristrutturare la percezione e quindi cambiare la condizione della persona aiutandola ad affrontare quelle che sono le tentate soluzione che la hanno portata a costruirsi la condizione depressiva.
Cosa mantiene la depressione
Nel percorso della vita capita certe volte di trovarci di fronte ad eventi disarmanti, di fronte ai quali non possiamo fare niente (il lutto ne è uno degli esempi più lampanti, sia esso inteso come la morte di qualcuno a noi caro, oppure anche la fine di una relazione) e in queste circostanze solitamente viene da “gettare la spugna”, arrendersi ad un nemico troppo forte per essere combattuto. E’ proprio questa sensazione di impotenza che ci fa rivolgere l’attenzione solo verso ciò che sta andando male, portandoci a convincersi che ogni tentativo di cambiare la situazione sarebbe inutile. Rinunciare alla vita diventa quindi la concretizzazione della profezia dell’ “arreso” che inevitabilmente si autoavvera: vede la fine davanti a sé ed essendo convinto di non poterla evitare gli si getta incontro.
“La rinuncia è un suicidio quotidiano” scriveva Honoré de Balzac.
L’altro comportamento che viene spesso osservato nelle persone depresse è quello di relegarsi nel ruolo di vittima, e in quanto tale si lamenta con tutti coloro che gli stanno intorno. Lamentandosi la persona ottiene attenzioni, quindi sente gli altri più vicini, ma sebbene questo sia vero inizialmente, una lamentazione protratta alla lunga genera l’effetto opposto.
Un’altra modalità di lamentazione e richiesta di attenzione è invece quella di chiudersi in un “assordante” silenzio.
Infine spesso il depresso ha la tendenza a far fare agli altri cose che potrebbero fare loro (certe volte sotto forma di vera e propria pretesa). Questa delega che mettono in atto è una sorta di richiesta di aiuto. Come tutte le richieste di aiuto produce un duplico effetto: se da una parte chi aiuta dimostra di voler bene alla persona, dall’altro, quello ben più pericoloso, conferma la sua credenza di non essere in grado di fare, contribuendo così ad alimentare la sua inadeguatezza.
USCIRE DALLA DEPRESSIONE CON LA TERAPIA STRATEGICA
Attraverso strategie mirate e costruite ad-hoc sulla persona, la terapia breve strategica si propone di trattare le problematiche derivanti da depressione attraverso l’utilizzo di specifiche tecniche e protocolli. In una prima fase è solitamente opportuno indagare i comportamenti “sbagliati” messi in atto dalla persona (ovvero le sue tentate soluzioni fallimentari) che stanno contribuendo a peggiorare la situazione con la finalità di interromperli e ristrutturarli in comportamenti funzionali. In particolare è importante guidare la persona a “rinunciare alla rinuncia” e ad elaborare quelle emozioni come rabbia o bassa autoefficacia solitamente molto presenti nella persona depressa, portandola a riprendere il controllo della propria vita.
La trentennale ricerca in ambito strategico ha potuto evidenziare che a differenza degli altri disturbi, la depressione è molto spesso il prodotto di un’altra patologia sottostante e protratta nel tempo. Molto frequentemente accade infatti che una volta portata a termine la terapia mirata alla risoluzione degli stati depressivi esca allo scoperto il vero problema che aveva innescato tutto il funzionamento e che fino a quel momento era sempre stato “coperto” dalla depressione. La terapia quindi procede al trattamento delle problematiche emerse.
La ricerca condotta nell’arco di 30 anni presso la Scuola di Psicoterapia Breve di Arezzo e applicata a migliaia di casi, riporta una statistica di successo nell’75% dei casi